Il potenziale redox del vino: perché conta davvero (e quando misurarlo)

Su Il Corriere Vinicolo n. 34 del 3 novembre 2025, Enzo Cagnasso approfondisce il ruolo del potenziale redox come indicatore chiave in vinificazione e affinamento. Dalla gestione dell’ossigeno alla fermentazione, dall’impiego mirato della SO₂ alla conservazione in bottiglia, una rassegna aggiornata delle applicazioni tecnologiche di questo parametro

Data:

November 5, 2025

Tempo di lettura:

2 minuti

Argomenti:
  • News
  • Il Corriere Vinicolo
  • affinamento vino
  • CV 34/2025
  • DiSAFA
  • Enzo Cagnasso
  • fermentazione vino
  • Il Corriere Vinicolo
  • micro-ossigenazione
  • OIV
  • ossigeno vino
  • redox
  • SO₂
  • Università di Torino

Il potenziale redox del vino: perché conta davvero (e quando misurarlo)

C’è un parametro che attraversa fermentazioni, affinamenti in legno e vita in bottiglia, ma che troppo spesso resta dietro le quinte: il potenziale redox (Eh). Non è un numero “magico” che riassume la qualità del vino, né un semplice riflesso degli equilibri ossido-riduttivi come il pH lo è per gli acidi. Eppure, se osservato con metodo e nel momento giusto, racconta molto su ossigeno, metabolismo dei microrganismi, stabilità aromatica e traiettoria evolutiva del vino.

Nel contributo pubblicato su Il Corriere Vinicolo n. 34, Enzo Cagnasso (Università di Torino – DiSAFA, sede di Alba) ripercorre in modo chiaro cosa misuriamo quando inseriamo un elettrodo di platino in mosti e vini (spesso in configurazione ORP combinata) e perché le letture vadano interpretate con prudenza: la matrice vino “sporca” gli elettrodi, l’ossigeno disciolto influenza il segnale ben oltre quanto predirebbe Nernst, il pH sposta l’ago della bussola, e alcune coppie redox non si comportano in modo pienamente reversibile. Per questo l’OIV ha codificato un metodo dedicato e la letteratura invita a confrontare solo dati riportati allo SHE o con identico riferimento.

Il cuore dell’analisi sta però nelle applicazioni pratiche. In fermentazione alcolica il profilo dell’Eh cala rapidamente con l’attività dei lieviti: monitorarlo in-line consente di modulare micro-apporti d’aria per mantenere il potenziale sopra soglie operative, limitare la produzione di H₂S e indirizzare la formazione di metaboliti (glicerolo, acido succinico, esteri). In vasca e in barrique l’Eh diventa una finestra sulla gestione dell’ossigeno: aiuta a leggere la micro-ossidazione, l’effetto della biomassa sur lies e i gradienti interni del fusto, distinguendo fasi in cui accelerare o frenare gli scambi. In cantina è inoltre uno strumento per razionalizzare la SO₂: meno dosi “a calendario”, più interventi mirati, con l’obiettivo di contenere il totale a fine processo.

Lo sguardo si allunga fino alla bottiglia: intervalli tipici di Eh differiscono tra bianchi e rossi; luce e condizioni di stoccaggio possono innescare variazioni che si riflettono su aromi delicati (fino al rischio di “gusto di luce”). Anche la temperatura del cappello in rosso, più alta della massa liquida, può abbassare localmente il potenziale e favorire composti solforati: altro tassello gestionale che il monitoraggio aiuta a presidiare.

Messaggio chiave? Il potenziale redox non sostituisce l’analisi sensoriale né i classici parametri chimico-fisici, ma, integrato in un protocollo di misura coerente, diventa un indicatore operativo per prendere decisioni migliori: quando ossigenare, come proteggere, dove ottimizzare.

Argomenti:
  • News
  • Il Corriere Vinicolo
  • affinamento vino
  • CV 34/2025
  • DiSAFA
  • Enzo Cagnasso
  • fermentazione vino
  • Il Corriere Vinicolo
  • micro-ossigenazione
  • OIV
  • ossigeno vino
  • redox
  • SO₂
  • Università di Torino

Ultimo aggiornamento: November 5, 2025 8:56 AM